OUTSIDER
"Guidare gli altri oltre la realtà in cui si trovano,
verso qualcosa che prima non c'era."
E' tutto nel nostro cervello. Segnali che viaggiano attraverso la corteccia prefrontale e le regioni del sistema limbico per giungere al tronco dell'encefalo e all'ipotalamo. Segnali che durante il lockdown ci hanno spinto a flash mob, cori dai palazzi, esposizione della bandiera nazionale o di striscioni con la scritta «Andrà tutto bene». Le reazioni possono però essere anche di tipo diverso e la tensione che si accompagna allo stress può far sì che gli eventi prendano un altro corso: aumento dell'aggressività, insofferenza dei giovani, inclinazione al razzismo, al negazionismo, al complottismo, fino anche alla violenza domestica soprattutto verso le donne.
Sono fenomeni che il Neuroscience ha studiato e descritto nel suo studio "Pandemia da COVID-19: l'impatto sul benessere socio-emotivo in una prospettiva neuroscientifica" che spiega ciò che accade nel nostro cervello in situazioni di paura e ansia e dà indicazioni preziose per evitare situazioni di sofferenza psicologica.
Il distress va prevenuto e combattuto con esperti di salute mentale e servizi di counseling psicologico, ma anche noi con il nostro comportamento possiamo fare molto. Dobbiamo stabilire una routine quotidiana con spazi e tempi distinti tra attività lavorativa e non, azioni ricreative ed esercizio fisico, senza dimenticarci di curare il nostro aspetto.
Importante è mantenere poi la nostra dimensione sociale. Vivere in gruppo è sempre stato, per l'uomo, molto vantaggioso: ecco perché le misure di distanziamento, innaturali per l'essere umano, possono suscitare un senso di solitudine e di inquietudine. Per combatterlo sforziamoci di telefonare a familiari, amici e colleghi; manteniamo i contatti tramite forum e chiamate di gruppo.
Il fondamento neurologico della nostra socialità è spiegato dal Neuroscience Lab: rispetto ad altri mammiferi i primati hanno cervelli più grandi: una caratteristica correlata anche alla capacità di gestire relazioni sociali all'interno di un gruppo. Ecco perché la chiusura di scuole, luoghi pubblici, uffici, la nuova organizzazione familiare e l'isolamento sociale si portano dietro stress, calo del tono dell'umore, irritabilità, insonnia, confusione, noia.
Inoltre, contro l'ansia, evitiamo di fare programmi a medio termine e limitiamo l'esposizione ai mezzi di informazione, selezionando accuratamente le fonti di informazioni. Pericoli e reazioni di allarme e ansia sono correlati a un flusso di segnali che viaggia attraverso la corteccia prefrontale e le regioni del sistema limbico.
Vivere situazioni traumatiche comporta un'intensa attivazione dell'amigdala, una struttura cerebrale deputata a gestire le reazioni d'ansia, che eccita a cascata i neurotrasmettitori cerebrali, determinando un blocco funzionale della corteccia prefrontale, che quindi non riesce più a eseguire operazioni di memoria di lavoro, presa di decisioni, esame di realtà.
In altre parole il cervello è così occupato nella sua reazione di allarme e autoprotezione da non riuscire a elaborare e interpretare le informazioni che riceve. Si generano quindi il blocco della razionalità e il predominio della paura.
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