Lo stress nella pratica sportiva

Alla domanda quanto conti la "testa" nella propria attività agonistica, la maggioranza degli atleti risponde assegnandole una percentuale molto alta, a volte effettivamente sopravvalutata, ma che comunque denota nell’atleta la consapevolezza dell’importanza di tale aspetto.
A fronte di tale consapevolezza, raramente l’aspetto mentale viene sistematicamente allenato così come vengono allenati l’aspetto fisico, l’aspetto tecnico e l’aspetto tattico. Ciò comporta uno squilibrio che nell’attività agonistica sempre più esasperata caratteristica dello sport odierno, viene pagato in termini di ansia, di prestazioni scadenti, di risultati altalenanti, determinati da quello che definiamo genericamente stress.
L’attuale tendenza a mitizzare i campioni, fa perdere di vista un concetto base dello sport: il campione è un atleta, ma prima di tutto è una persona, con le sue grandezze e le sue debolezze. Il fattore umano viene sempre di più trascurato, tralasciato, sempre più spesso considerato secondario, quando invece è la base di tutto.
Il campione non viene da un altro pianeta, è come noi, solo più bravo.
Più bravo a gestire l’ansia, più bravo a superare la paura, più bravo a non abbattersi dopo gli errori, più bravo a non disperdere il talento posseduto; in ogni caso rimane un uomo che, con le sue emozioni e i suoi sentimenti, è capace di imprese memorabili, ma anche di fallimenti e crolli impensabili.
Sono proprio le emozioni con cui dobbiamo fare i conti e non solo come atleti, ma proprio in quanto persone; saper gestire queste emozioni consente di affrontare la vita e quindi anche la competizione, nel migliore dei modi.
L’effetto delle emozioni su di noi può essere sia positivo che negativo, ma in entrambi i casi possiamo avere sia un effetto facilitante sia un effetto inibente la prestazione

EMOZIONE POSITIVA
= effetto facilitante
= effetto inibente
EMOZIONE NEGATIVA
= effetto facilitante
= effetto inibente

L’ansia è un modo di interpretare la realtà-gara e l’atleta, anche attraverso strategie di coping, cerca di contrastare o di attenuare l’effetto, in genere negativo, che tale ansia ha sulla propria prestazione.
Dato che per ognuna delle 4 possibilità esiste un livello di funzionamento ottimale che varia da individuo ad individuo, la conoscenza delle caratteristiche del proprio livello di ansia, consente all’atleta di identificare in quale misura essa influenza il proprio rendimento, stabilendo il giusto equilibrio fra eccitazione e calma, sia prima sia durante la gara.
Da ricerche effettuate su atleti nazionali di varie discipline è risultato che maggiore era il repertorio di strategie di coping messe in atto per reagire alle diverse situazioni di gara, maggiori erano le probabilità di una performance positiva. E’ emerso inoltre che esiste una stretta relazione fra le strategie di coping passivo e una personalità immatura, piena di sé, spavalda, incapace a persistere negli sforzi e che necessita di gratificazioni immediate; nel coping attivo la personalità è matura, con spiccato senso del dovere e ricerca della razionalità, desidera una continuità di valori, controlla gli impulsi e persegue stabilmente i propri scopi.
Come fare per affrontare al meglio le tensioni di gara e ridurre lo stress che inevitabilmente ci avvolge?
Innanzitutto in una società dove chi vince è un eroe e chi arriva secondo (perde) è una nullità, la possibilità per abbassarne il livello è la separazione fra il risultato (vinco - perdo) e la prestazione, intesa in termini di raggiungimento degli obiettivi (fisici, tecnici, tattici, mentali) stabiliti in precedenza con l’allenatore; in altri termini stabilire delle mete di progresso per ogni singolo aspetto della competizione.
Ciò consente di focalizzare l’attenzione sull’ottenimento della padronanza della disciplina, migliorando il controllo delle proprie abilità attraverso l’allenamento faticoso, il superamento degli ostacoli, mettendosi alla prova passando anche attraverso le inevitabili sconfitte. Diversamente gli atleti focalizzati sul risultato si esprimono in attesa di un giudizio di abilità, devono apparire bravi per ottenere giudizi favorevoli, evitando quelle prove che potrebbero mettere in discussione la loro riconosciuta competenza in materia! In attesa della valutazione c’è ansia, mentre in caso di fallimento c’è imbarazzo, insoddisfazione, a volte perfino vergogna per la “figuraccia” fatta.
Dato che si ha paura di ciò che non si conosce, la conoscenza delle abilità mentali di cui dispone l ’atleta per la sua attività agonistica è l’altro aspetto che aiuta a controllare il livello d’ansia. Alla conoscenza (già un buon passo avanti) farà seguito l’addestramento ed infine l’allenamento vero e proprio delle abilità mentali.
Essere in grado di gestire al meglio le situazioni critiche che si presentano nell’attività agonistica, presuppone una conoscenza di se, del proprio corpo, un’auto -consapevolezza che a volte manca anche in atleti di un certo livello. Molti atleti, infatti, pur essendo dotati di talento, nel momento in cui cercano di effettuare il salto di qualità (da una categoria all’altra, passaggio al professionismo, ecc.), si perdono per strada, non mantengono le promesse o addirittura abbandonano (Burn-out) in quanto emergono le carenze di una preparazione di base non effettuata a 360 gradi. Forse sono anche la conseguenze di una esasperata specializzazione, di una preparazione orientata prevalentemente all’aspetto tecnico-tattico e fisico, ma che ha trascurato l’aspetto psicologico e soprattutto quello pedagogico e formativo nell’età in cui esso aveva una valenza fondamentale (8-14). “Il contesto sportivo, le pressioni socio-economiche, il non dover deludere le aspettative proprie ed altrui (genitori, allenatori, dirigenti, ecc.), gli impegni , le continue prestazioni ad alto livello, i frequenti allenamenti e spesso la mancanza di progressi nelle prestazioni completano il quadro per l’instaurarsi di uno stato di stress che fa da premessa alla burn-out syndrome” (Aguglia e Sapienza, 1987,1989; Vianello, 1987).

GLOSSARIO
L’ansia somatica è la componente fisiologica dell’ansia che dipende dal tipo di dominanza del sistema nervoso vegetativo.
L’ansia cognitiva si riferisce alla componente mentale, determinata da attese negative e/o scarsa stima di sé e delle proprie capacità.
L’ansia di tratto si riferisce alla predisposizione soggettiva dell’individuo a percepire come pericolose o minacciose un’ampia gamma di situazioni, anche competitive (Ansia competitiva di tratto).
L’ansia di stato è uno stato emotivo temporaneo caratterizzato da apprensione e tensione e che si manifesta in situazioni specifiche, anche competitive (Ansia competitiva di stato).
Lo stress è quel processo che deriva dalla percezione di un sostanziale squilibrio fra le richieste ambientali e le capacità di risposta, quando incapacità o inadeguatezza ad affrontare le richieste o a conseguire gli obiettivi, sono percepite come potenzialmente pericolose.
Le strategie di coping sono quegli sforzi cognitivo - comportamentali, costantemente mutevoli, utilizzati per soddisfare specifiche richieste, interne e/o esterne, che mettono alla prova o superano le risorse della persona.
Coping passivo:
- atteggiamenti di biasimo verso sé stessi e fuga dalla realtà
- rifiuto, consapevole o non, del problema, dedicandosi ad altra attività.
Coping attivo:
- atteggiamenti di consapevolezza , riflessione e rivalutazione positiva del problema in modo autonomo
- ricerca di un supporto sociale e/o professionale per superare il problema
Abilità mentali:
Gestione delle Emozioni - Formulazione degli obiettivi - Controllo dei pensieri
Controllo delle immagini - Controllo dell’attenzione - Modulazione dell’arousal
Burn-out:
Sindrome dell’abbandono: stato di esaurimento fisico ed emotivo derivante dalle condizioni di superattività

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